venerdì 10 dicembre 2010

M A R I A


C’era una volta una fanciulla molto infelice. Non sapeva neanche lei perché, non era mai stata trattata male, né tanto meno picchiata: si era semplicemente lasciata vivere senza chiedere niente a nessuno e, pertanto, senza ricevere niente da nessuno. Fin da piccola era così: arida, incapace di dare amore (non ce n’era dentro di lei), e, quel ch’è peggio, senza riceverne: praticamente le era un sentimento sconosciuto.
Passava il tempo giocando triste e immusonita con gli animaletti che trovava nella campagna dove viveva: Ho detto giochi, ma non si divertiva un granché: il suo passatempo preferito era staccare le zampette e la testa delle lucertole o delle cicale: era cattiveria? Non come la intendiamo noi, quella che si rimprovera ai bambini cosiddetti crudeli. No, balzava agli occhi che non c’era neanche vera cattiveria in lei: continuava a lasciarsi vivere senza sentimenti, tranne qualche leggero fastidio quando qualcuno entrava in rapporto con lei.
Il tempo, passando, non modificò apparentemente la sua personalità, ma invece quacosa successe: dalla indifferenza verso gli altri poco per volta passò alla rabbia. Anche in questo caso, nessuno le aveva fatto del male al punto da meritarne qualche punizione: anzi, conoscendone il carattere ognuno stava attento a non urtarla, a lasciarla in pace. E poco per volta divenne cattiva. Una cattiveria di cui non si intuiva la causa né se ne prevedeva l‘andamento o la probabile fine……
Così, quando qualcuno le chiedeva qualcosa, un aiuto, un piacere, essa con il gusto di far star male il prossimo rispondeva un secco NO: e magari si trattava di qualcosa di piacevole anche per lei, che so, una passeggiata, un giro per i campi col carretto: per il gusto di far star male gli altri, si contentava di privarsene anche lei.
Non ne uscì più. Troppo forte era l’ammasso di sentimenti negativi che la portavano a fare del male: se qualcuno stava leggendo un libro lei di nascosto glielo rubava e appena possibile lo distruggeva, oppure si mangiava di nascosto dei cibi di cui altri erano notoriamente ghiotti (e lei no) Insomma non conosceva il significato delle parola generosità, gentilezza, simpatia…

Quando morì (non aveva nessuna malattia: morì per mancanza d’amore) fu un sollievo per tutti, e non già perché con i suoi comportamenti facesse realmente soffrire chi le stava intorno, ma perché la sua cattiveria era diventata qualcosa di tangibile, soffocante, che non dava respiro.

1 commento:

  1. Ciao Franci, ho riletto con gran piacere i tuoi racconti, tanto delicati e profondi e mi auguro che tu voglia postarne altri.
    Grazie a te e a Cesare per gli auguri che contraccambio qui, perchè per voi sono speciali, fatti con l'anima.
    Cristiana

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